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Vittoria de Buzzaccarini dona il diario di Vittorio Emanuele III alla Biblioteca Reale di Torino

30/10/2017

La lettera al direttore della Biblioteca Reale di Torino Giovanni Saccani è datata Venezia 29 settembre 2017:

“Gentile Direttore, tenendo conto dello straordinario patrimonio della Biblioteca Reale, contenente importanti cimeli di Casa Savoia, è mia intenzione donare alla biblioteca il manoscritto di Vittorio Emanuele III, unico diario del monarca ad oggi pervenuto.

Rimango in attesa di concordare con lei le modalità del passaggio di proprietà tra me e i miei figli Gian Galeazzo e Francesco Rapazzini de Buzzaccarini e la Biblioteca Reale. Un caro abbraccio.”

La firma è quella di Vittoria de Buzzaccarini che in questa intervista racconta i motivi di una decisione importante e i ricordi familiari che la legano a questo documento unico.

“La decisione di donare il diario alla Biblioteca Reale – dichiara Vittoria de Buzzaccarini – dipende da più ragioni. Prima di tutto credo che i libri, le pubblicazioni, le carte, soprattutto quelle così importanti, non vadano tenute o dimenticate nei cassetti, ma che debbano essere a disposizione degli studiosi per interrogarsi, ricercare e tramandare il pensiero di chi ci ha preceduto. In secondo luogo la scelta non poteva che cadere su un’istituzione fondata dai Savoia nella prima metà dell’Ottocento e che contiene già notevoli documenti riguardanti la famiglia reale. Nella donazione ho coinvolto anche i miei figli perché è un bene della nostra  famiglia che ora diventa di tutti”.

Questo diario ha anche un forte legame con la figura di suo padre, Brunoro de Buzzaccarini?

“Senz’altro, l’affetto per i ricordi trasmessi da mio padre, che per quattro anni è stato aiutante di campo di Vittorio Emanuele III, mi hanno portato a non avere dubbi sulla scelta da compiere, quando venni per caso a sapere che erano stati messi all’asta i diari del re e che nessuno aveva li aveva acquistati.

L’ufficio di mio padre è caduto nel momento più cruciale della vita della monarchia italiana, fu lui insieme ad altri ufficiali ad accompagnarlo nel suo trasferimento a Brindisi, nel 1944 dopo l’armistizio. Una scelta che fu molto contestata e che lui mi raccontava essere stata motivata dal fatto che la Puglia era l’unica regione italiana che fino a quel momento  non era stata invasa né dagli americani, né dai tedeschi. L’idea era quella di salvaguardare la corona in territorio italiano.

Mio padre parlava spesso della sua vita al servizio del re, delle esperienze fatte, delle persone conosciute, e con molto distacco, era un ufficiale di carriera, mi raccontava anche di  episodi familiari”.

Le ha mai parlato anche dei diari?

“Certo, sui quali rimane un grande punto di domanda. Vittorio Emanuele III aveva chiesto proprio a lui di batterli a macchina, ma poi non se n’era fatto nulla per il precipitare degli eventi che lo portarono a scegliere l’esilio il 9 maggio del ’46. Molto più spesso di quanto si potrebbe pensare si chiedeva dove fossero finiti finiti i diari, che erano almeno una trentina se si pensa che Vittorio Emanuele aveva cominciato a tenere una sintetica cronaca quotidiana quando era Principe di Napoli, sotto l’egida del generale Osio che è stato il suo mentore fino alla maggiore età, e proseguì in questa abitudine fino a tarda età, risulta che ancora in Egitto scrivesse delle note.

Era molto sintetica, segnava il luogo e la ragion per cui vi si era recato, e poco altro.

Ecco perché, tanti anni dopo la dipartita di mio padre, quando venni a sapere dal catalogo della casa d’aste Minerva della loro esistenza e che nessuno si era proposto come compratore, non ho avuto esitazioni.

Mi pareva un gesto di rispetto dovuto non tanto nei confronti del sovrano, ma verso la storia d’Italia e nei riguardi di mio padre che voleva sapere dov’erano finiti”.

In realtà tratta di un diario speciale.

“Sì, è un’estrapolazione dai diari originali eseguita dal sovrano, che raccoglie tutti i giorni e i periodi trascorsi con la moglie,  la regina Elena. Un regalo, un atto d’amore verso la sua consorte in occasione delle nozze d’oro. Un documento che da oggi sarà a disposizione degli studiosi e di chiunque voglia approfondire la storia di quegli anni”.

Dal canto suo, Giovanni Saccani, direttore della Biblioteca Reale ha parole piene di gratitudine per questo eccezionale dono: “Quando nel luglio del 2013 venne presentata in Reale l’esposizione creata intorno al diario di Vittorio Emanuele III con documenti della Biblioteca, non nego di aver desiderato che il prezioso cimelio entrasse a far parte dello straordinario patrimonio che conserviamo. Tra un desiderio e la sua realizzazione come si sa, c’è di mezzo il mare, in questo caso lo spazio è stato colmato dall’oceano di generosità umana, etica e culturale di Vittoria de Buzzaccarini, che con lucida prospettiva progettuale ha deciso di donare il prezioso diario alla Biblioteca Reale, certamente il luogo “naturale” di conservazione delle memorie dei Savoia. Il diario, che è già stato oggetto nel 2013 oltre che della mostra in Biblioteca anche di una pubblicazione facsimilare, porta il titolo di Itinerario generale dopo il 1° giugno 1896 e raccoglie le memorie private del sovrano quale omaggio alla moglie, la regina Elena. Il percorso parte dal giorno del loro incontro, il 1 giugno 1896, e termina mezzo secolo dopo, il 24 ottobre 1946, in occasione delle loro nozze d’oro.”

I Musei Reali, di cui la Biblioteca fa parte, sono lieti di annunciare che il 31 ottobre 2017, nel Salone palagiano della biblioteca, avverrà la consegna ufficiale del manoscritto con conferenza stampa e il coinvolgimento di figure istituzionali e di organi di stampa.

A seguito della consegna l’opera sarà inserita nel registro del patrimonio inventariale della Biblioteca Reale e sarà collocato nel fondo Casa Savoia quale “ex libris Vittoria de Buzzaccarini e figli” a disposizione degli studiosi che vorranno approfondire gli studi sul cimelio. Il fondo Casa Savoia, di recente costituzione, riunisce carte per lo più attinenti alla famiglia reale. Tra i documenti si ricordano i diari di Carlo Felice e della consorte Maria Cristina, quelli di Maria Teresa, moglie di Carlo Alberto e autografi dello stesso sovrano e una raccolta denominata Archivio segreto di Carlo Alberto 1832-1833.

Il diario di Vittorio Emanuele III non avrebbe potuto trovare posto migliore visto che si ricongiungerà agli scritti dei suoi avi. Artefice di questo ritorno a casa è stata l’immensa generosità di Donna Vittoria. Grazie di cuore”.

La Casa editrice Nova Charta, fondata e diretta da Vittoria de Buzzaccarini, nel 2013 ha pubblicato una tiratura limitata facsimilare dello scritto e ha dedicato al prezioso documento  il volume Sì è il re – memorie private di un sovrano, che contiene una serie di importanti contributi, fra cui un appassionante racconto storico  intitolato La forza dell’amore dedicato a Vittorio Emanuele III e a a Elena di Montenegro, di cui riproponiamo due estratti.

“A Firenze, la loro vita di coppia poté finalmente iniziare. Nella palazzina della Meridiana, dietro Palazzo Pitti in pieno giardino dei Boboli, dove i due giovani passeggiavano ogni mattina di buon’ora, Vittorio Emanule e Elena iniziarono a conoscersi, ad apprezzarsi e ad amarsi per davvero. È qui che Elena si appassionò alla raccolta numismatica  del marito, è qui che i due si diedero alla fotografia: “Jelena assume la curiosa regia dei ritratti più informali della coppia. Uno, tenerissimo, li raffigura seduti guancia a guancia e nell’atto di accarezzarsi  il viso e risale proprio ai primi mesi di matrimonio.  Poi verranno quelli ironici  o meglio autoironici: i principi lanciano nel cielo due ramazze da giardino e cercano di prenderle al volo; Jelena attende con finto sguardo romantico il bacio del marito che, per raggiungerla, sale su una rudimentale scaletta. Solo con la moglie Vittorio riuscì a scherzare persino sul suo complesso della bassa statura, che lo aveva  amareggiato negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza. E queste immagini oggi sono istantanee di una felicità e una intesa coniugale  davvero rara specie tra i reali. E la regina Margherita, che in quanto a sentimenti non fu certo né tenera né romantica, scrisse a Nikita: “Come sono felici insieme! Questo fa piacere davvero. È la moglie ideale per mio figlio”.

Sono giorni questi tra la fine del 1896 e tutto il 1897 scanditi dalle loro risa, dai doveri del principe che ogni mattina alle 8 e mezza si recava al comando per i suoi impegni  di generale di divisione, dalle visite di alcune sorelle di Elena, da qualche viaggio ufficiale come quello a Londra il 19 giugno 1897 per i festeggiamenti del sessantennale del regno della regina Vittoria d’Inghilterra, che i due coronarono con una puntatina a Parigi, Amsterdam e Lucerna dove comperarono, come una qualsiasi coppietta di sposini, souvenirs per i loro amici  e parenti. Giorni di spensieratezza il cui unico cruccio era la domanda formulata dalla regina Margherita, da ministri, da dame di corte, dal re stesso che chiamava ormai sua nuora Nuccia: “Niente di nuovo da Firenze?”. Niente di nuovo, un eufemismo per chiedere se la principessa non fosse per caso incinta. Anzi, non per caso: per dovere, finalmente incinta. E invece no, nessuna novità veniva dalla città medicea. Solo qualche nuova foto, qualche nuova moneta da lucidare, qualche nuova occasione per ridere assieme.

Una crociera, la prima, li vide salpare il 22 luglio sul nuovo yacht, un panfilo a due alberi lungo ben 47 metri che portava inciso sul fianco destro il suo nome: Jela. Un altro atto d’amore del principe nei confronti di sua moglie. Jela e Vittorio Emanuele  partirono per quella luna di miele che avevano tanto atteso”.